La casa senza mura

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La casa, la nostra vita, i nostri cari.

Ai tempi del corona virus si sta a casa. Ma come?

Oggi la casa è diventata un non-luogo, per usare un’espressione usata dall’antropologo francese Marc Augè; è diventata un posto dove non ci sono confini, dove l’esterno entra prepotentemente nell’interno superando le mura, le porte, la volontà: lo Smart Working, la didattica a distanza, gli amici, i parenti, i social, la paura.

Ed eccoci qui, tutti collegati senza spazio ne tempo, combattuti tra il possibile onnipotente e il realizzabile concreto, poco, in questo momento.

Chiusi responsabilmente in casa cerchiamo di mediare lo spazio con chi abita con noi, cercando confini emotivi per sostenerci e non contagiarci con “virus deprimenti”.

E il tempo non è mai abbastanza, non è mai abbastanza organizzato: le video riunioni di lavoro si accavallano con il pranzo, le video lezioni scolastiche con la lavatrice e i capricci con la video lezione di yoga.

La scuola che arriva in casa, ma non di tutti e non allo stesso modo.

La tecnologia non aiuta le autonomie conquistate dagli alunni andando a scuola al suono della campanella.

E milioni di genitori persi nei compiti dei più piccoli, cercando nuovi tutorial per capire il misterioso Registro Elettronico.

Però gli insegnanti, quelli che hanno chiaro il loro ruolo, dietro ad uno schermo stanno dando una lectio magistralis di vicinanza, di umanità che parla di appartenenza e di comunità.

Comunità, parola stropicciata dalla paura, militarizzata nelle strade che come un severo super-io opprime e limita le responsabilità individuali.

Ma siamo salvi in casa e allora come ultimo atto di resistenza iniziamo a farci delle domande, quelle profonde esistenziali come i protagonisti del libro “C’è Nessuno” di Jostein Gaarder.

Si tratta di due bambini: Joakim, 8 anni rimasto solo in casa perché la mamma era corsa in ospedale a partorire la sorella; Mika, strana creatura simile ad un bambino, appeso per i calzoni a testa in giù ad un albero, venuto da un altro mondo, il pianeta Elio.

I due iniziano a parlare delle proprie origini e, quasi inavvertitamente, iniziano a porsi domande importanti come l’evoluzione della specie, la concezione dello spazio e del tempo, la ricchezza della diversità, il valore dell’amicizia.

Domande che tutti ci stiamo facendo chiusi in casa, superata l’euforia del momento, le domande causali geopolitiche e il disorientamento dell’incertezza.

Ora, fermi nel movimento ma attivi nel pensiero, impariamo la lezione di non dare nulla per scontato e di saper guardare al mondo con occhi sempre nuovi.

E allora torna in mente l’usanza del pianeta Elio di chinarsi ad una domanda profonda ma mai a una risposta:

“Chi si china si piega” continuò Mika.

“Non devi mai piegarti davanti a una risposta”.

“E perché no?” disse Joakim.

“Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre.”

FABIOLA VITALI
Psicoterapeuta – Centro per le famiglie La Locomotiva