Ulisse e Abramo: riflessione di un operatore sociale

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Ho degli schemi e principi ben precisi. Ho una Mission ed una Vision prodotto di un pensiero comune di una comunità educante.

Un pò come Ulisse seppur in mezzo a tante difficoltà e rischi, so dove andare. Al di là di tutte le sirene, al di là delle colonne d’Ercole, so che alla fine c’è una patria, Itaca, che mi accoglie; una moglie, Penelope, che mi aspetta; un cane Argo, che mi riconosce. Mi ripeto spesso che Tutto si può sopportare o vincere se si sa dove si è diretti.

Poi un giorno il mondo si è fermato. Come Abramo, non so più dove vado, conosco soltanto quello che lascio. Ho il biglietto di sola andata e davanti a me non ho un ritorno. Il mio domani è incerto. Il mio futuro non è a casa, ma “altrove”, non è in un ritorno ma in un “uscita” .

Oggi il nostro cammino potrà essere desiderio, potrebbe trasformarci così come successe ad Abramo, se riuscissimo a lasciarci condurre al di là delle nostre attese. Se non cercassimo di tornare al già conosciuto, ne di rispettare quello che fu bello in altre occasioni. Partire d’altronde è perdere, perdere senza aspettare un contraccambio, senza sapere quello che si troverà o che sarà dato, osare di essere sconfitti, rischiare di perdersi tanto le paure non hanno una fissa dimora.

Siamo stati ciò che volevamo diventare, il prodotto delle nostre scelte. Siamo giunti a costruire un idea, un senso al nostro lavoro. Abbiamo fatto Arte: colorato fuori e dentro le anime delle persone, con le persone. D’altronde “l’arte è un pensiero che esce dal corpo, ne più ne meno come lo sterco” (rif. The Zen Circus). In questo momento potrebbe diventare l’aspetto più importante da considerare.

Nessuno potrà mai privarci della libertà di pensiero, della possibilità di educare. Educare significa proprio trarre fuori, tirare fuori ciò che è dentro. Educare noi stessi alla capacità di aspettare, di ascoltare, di riprendere la nostra memoria individuale.

Riflettere sulla partenza, da dove abbiamo iniziato a costruire la nostra identità quando ancora le idee erano dentro di noi, piuttosto che considerare l’arrivo. Riprendiamo quella consapevolezza che ci spingeva a rendere possibile l’impossibile, perché è proprio grazie a questo che siamo riusciti a costruire un mondo più bello o almeno ci abbiamo provato insieme.

Quando tutto finirà, non facciamoci prendere dall’euforia del momento ma mettiamoci in disparte e riflettiamo in silenzio ricordando che “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza” (A. Camus).

31.03.2020
Dr Flavio Giambernardini
Psicologo-Psicoterapeuta